L'Ordine delle Professioni Infermieristiche di Torino esprime la propria ferma contrarietà alla recente proroga del Governo che consente a persone prive del riconoscimento del titolo di studio di lavorare come infermieri in Italia.
«È una misura che squalifica profondamente l’infermieristica, danneggiandone l’immagine e rappresentandola come una professione di poco valore, esercitabile senza alcuna garanzia o controllo», dichiara Ivan Bufalo, presidente dell’OPI di Torino. «Questo compromette gravemente la sicurezza degli assistiti, rispondendo esclusivamente alle esigenze organizzative di chi gestisce strutture residenziali private, garantendo loro manodopera a basso costo».
La proroga, denuncia l’OPI di Torino, crea una pericolosa zona d’ombra: queste figure non sono soggette a iscrizione agli Albi professionali, non rispondono a responsabilità deontologiche, non sono tenute a conoscere la lingua italiana né a seguire percorsi di formazione continua e aggiornamento professionale. Inoltre, non sono obbligate a possedere un’assicurazione per il rischio professionale, escludendosi così da qualsiasi controllo o supporto istituzionale.
La questione pone i rappresentanti degli Ordini professionali davanti ad un serio dilemma etico: può l’interesse di tenuta del sistema delle strutture residenziali socio sanitarie private essere sovraordinato all’interesse pubblico di tutela della salute attraverso l’erogazione di attività assistenziali e di cura sicure e di qualità? La risposta è secca: «Non possiamo accettare che l’interesse del privato prevalga sulla garanzia della salute dei pazienti – prosegue Bufalo –. Le professioni sanitarie non possono essere svendute né depotenziate: la dignità e la sicurezza della professione infermieristica devono essere tutelate a ogni livello».
L’OPI di Torino richiama con forza le istituzioni a una riflessione etica e politica: la salute pubblica non può essere messa in secondo piano rispetto a esigenze organizzative o economiche. «Siamo al fianco degli infermieri e dei cittadini, perché la qualità dell’assistenza sanitaria è un diritto irrinunciabile», conclude Bufalo