«Forse sarebbe necessario fermarsi per capire come procedere. E sulla base dell’esperienza maturata, agire valutando quale impatto avranno sul sistema le decisioni di breve, medio e lungo periodo perseguite»: Massimiliano Sciretti, presidente di OPI Torino, cerca di trovare una soluzione nel caos totale in cui regna la sanità piemontese. E lo fa, suggerendo alla classe politica - di fronte alle scelte discutibili dettate dalle necessità di affrontare l'emergenza sanitaria del Covid - di ridurre le decisioni "di pancia" per puntare su scelte più razionali e lungimiranti.

«Non è possibile risolvere la situazione - aggiunge - rincorrendo gli eventi: il rischio è dare spazio all’emotività per rispondere nel "qui e ora" agli eventi a scapito di una visione di sistema e capace di una visione prospettica». A detta del presidente dell'Ordine delle Professioni infermieristiche di Torino, quanto sta accadendo nella nostra Regione per effetto della pandemia Covid 19 fa emergere, in tutta la sua drammaticità, la fragilità del Sistema Sanitario Regionale che le scelte politiche, nel corso degli anni, hanno disegnato.Problemi atavici, difficoltà di vecchia data che oggi vengono prepotentemente a galla in tutta la loro disarmante drammaticità.

«Prendiamo atto, con tristezza - dicono dal Consiglio direttivo di OPI Torino - che a nulla sono servite le nostre richieste di attenzione su proposte riguardanti sia l’organizzazione dell’assistenza che la necessità di risorse infermieristiche». Sono anni che OPI e tutta la categoria degli infermieri avanzano e suggeriscono alla classe politica proprio quelle proposte che - guarda caso - solo ora vengono indicate quali azioni necessarie per affrontare la pandemia e per una futura organizzazione della sanità piemontese.

Tante le proposte messe sul tavolo: dall’adeguamento degli organici e dei piani di fabbisogno di personale infermieristico all’aggiornamento della programmazione degli accessi universitari con nuove risorse. Dall'indennità infermieristica che valorizzi la professione all'area contrattuale che riconosca le peculiarità e l'indispensabilità della categoria. E poi, la richiesta di superare il vincolo di esclusività e dare anche agli infermieri pubblici una intramoenia infermieristica che consenta loro di prestare attività professionale a favore di strutture socio-sanitarie.

«Si è perso tempo prezioso che ora, in affanno, si tenta di recuperare. Ma non è possibile ottenere in pochi mesi ciò che si è distrutto in anni di scelte politiche errate. La prima ondata della pandemia ci ha colto improvvisamente e quindi impreparati. La seconda, quella che stiamo vivendo, è priva di attenuanti relative alla sorpresa. Ed emerge chiaramente come il sistema non sia stato in grado di prepararsi adeguatamente».

Nonostante i gruppi di lavoro costituiti ad hoc per fronteggiare la crisi Covid, tutto sembra essere ricominciato da capo. «E, ancora, siamo in affanno. Si aprono posti letto in ogni dove, cosa necessaria ma non sufficiente considerato che mancano le risorse professionali per l’assistenza. Sospendere le ferie e altri istituti contrattuali non può essere la soluzione. Anzi può rappresentare un rischio per la salute dei nostri colleghi già sottoposti a notevole stress. Ma gli infermieri non mollano. E nonostante le difficoltà ed il momento di confusione in cui ci troviamo, continuiamo a lavorare con responsabilità. E con quel senso del dovere che è alla base del nostro codice deontologico. Perché, nonostante tutto, "l’infermiere è il professionista sanitario che agisce in modo consapevole, autonomo e responsabile" e che "orienta il suo agire al bene della persona, della famiglia, della collettività". Questi sono i nostri valori. Questa è la nostra missione».

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